ALLE RADICI DELLA MEDICINA: DALLE SUPERSTIZIONI RELIGIOSE ALLA SCIENZA MEDICA DI IPPOCRATE
Oggi abbiamo pensato di sottoporvi un po’ di “storia schietta” – se così la vogliamo chiamare – relativa a quello che è il nostro (e il vostro) campo di interesse principale: la medicina occidentale.
Ma andiamo per gradi.
La medicina è una scienza antichissima: si pensi che le prime testimonianze scritte risalgono alla cosiddetta medicina mesopotamica e vengono datate all’incirca intorno al II millennio a.C. (davvero tanto, tanto tempo fa, insomma). All’interno di questo panorama, pilastro portante della “scienza” medica mesopotamica era rappresentato dalla forte concezione soprannaturale della malattia, vista come un castigo divino a seguito della rottura di un tabù.
Più o meno nello stesso periodo si sviluppò anche la cosiddetta medicina egizia, nata in concomitanza con l’instaurazione della prima epoca monarchica (2700 a. C. circa) e per la quale a sua volta il concetto di infermità finì per assumere per lo più una concezione magica, cosa che fece presto sì che le pratiche mediche fossero accompagnate da specifiche formule apotropaiche.
Il padre della medicina come noi la conosciamo, però, nacque e visse nella Grecia classica del V secolo a.C., quella in cui la fervente spinta culturale ateniese e lo sviluppo del razionalismo più marcato fecero da sfondo alla nascita della prima vera forma di scienza medica: si tratta nientemeno che di Ippocrate di Coo, grazie al quale la medicina riuscì a uscire da quella che possiamo definire una fase pre-scientifica – legata a pratiche e credenze magiche e religiose – per riorganizzarsi in modo concreto e razionale intorno a una metodologia che, per la prima volta, risulta davvero definibile come empirica.
Prendendo le distanze dalla religione, per la prima volta nella storia Ippocrate – traendo le fila dall’idea (proposta e portata avanti dal pitagorico Alcmeone circa un secolo prima) che al centro delle sensazioni, delle emozioni, dei sentimenti e del pensiero vi fosse il cervello e non il cuore, come invece si credeva in precedenza – arrivò a teorizzare che tutte le malattie avessero una causa “naturale” e derivassero, per la precisione, dalla rottura dell'equilibrio tra i cosiddetti “quattro umori fondamentali” (sangue, flegma, bile gialla e bile nera) dell’organismo umano. Fondamentale pilastro delle teorie ippocratiche fu, poi, la netta divisione della pratica e delle teorie mediche dalla riflessione filosofica, accompagnato poi anche dalla grande importanza che il padre della medicina occidentale conferì sempre alla metodologia e alla centralità dell’esperienza e dell’osservazione dei sintomi: così facendo, infatti, teoria e pratica divennero non solo complementari, ma anche indivisibili.