DAL CULTO ALLA SCIENZA: LA NASCITA DELLA MEDICINA OCCIDENTALE
Agli albori della medicina occidentale propriamente detta, la maggior parte delle culture soleva confondere l'ambito medico con quello propriamente più "mistico", quasi più vicino alla magia che non alla scienza come noi la conosciamo oggi. In questo contesto, la malattia finiva per essere considerata più l'effetto di una punizione divina o il frutto di possessione da parte di demoni: in questo modo - nonostante cominciasserò già a diffondersi le prime sperimentazioni di interventi chirurgici - le cure consistevano per lo più nella somministrazione di erbe e pozioni, non di rado accompagnate anche da formule magiche.
All'interno della letteratura greco-romana sono numerosi i riferimenti a questo genere di culti, cosa che nel corso dei secoli ha permesso a storici e studiosi di analizzarli e classificarli in maniera decisamente dettagliata: tra i più noti, ad esempio, possiamo ricordare il culto di Asclepio, un medico-sacerdoti venerato come dio della medicina, ampiamente citato - fra gli altri - all'interno del Fedone, il celebre dialogo di Platone. All'interno di quest'opera, in cui il filosofo racconta gli ultimi momenti del suo maestro Socrate, condannato a morte dagli Ateniesi per i reati di empietà - dovuta al fatto di non aver mai riconosciuto gli dei tradizionali della πόλις - e corruzione dei giovani: nonostante il discepolo Critone abbia a più riprese tentato di convincerlo a fuggire per evitare l'iniqua condanna a morte cui il filosofo era stato condannato, è noto che Socrate - invocando per la prima volta l'idea di prosopopea delle Leggi - avesse comunque deciso di andare incontro al proprio destino. In questo frangente, poco prima di morire per gli effetti della cicuta, il filosofo avrebbe pronunciato questa celeberrima frase: "Oh Critone, noi siamo debitori di un gallo ad Asclepio: dateglielo e non ve ne dimenticate". Nel corso dei secoli le interpretazioni sono state molteplici, tra le più accreditate vi è quella di Friedrich Nietzsche, secondo il quale la suddetta frase sarebbe - di fatti - un ringraziamento fatto da Socrate al dio della medicina per averlo guarito dalla malattia (in questo caso identificabile con la vita, la cui unica cura definitiva sarebbe la morte).
IPPOCRATE E LA MEDICINA GRECA
Come anticipato in precedenza, nonostante i preludi magico-esoterici abbiano origini antichissime, la medicina come scienza nacque in Grecia con Ippocrate di Cos (460-370 a.C.) tra il IV e il III secolo a.C. A tal proposito, non bisogna dimenticare come proprio sotto il nome di Ippocrate sia stato costituito un corpus di 52 opere (il cosiddetto Corpus Hippocraticum) composte da vari autori delle scuole di Cos e di Cnido tra la fine del V e il IV secolo a.C. relativamente ai diversi rami della medicina.
Pu avendo già acquisito al tempo l’impostazione di una scienza, la medicina antica ha sempre risentito del condizionamento della filosofia: basti pensare che - a partire dall’epoca ellenistica (III secolo a.C.) - si è iniziato parlare di quattro scuole corrispondenti alle maggiore scuole filosofiche del tempo (i Dogmatici, gli Empirici, i Metodici e gli Pneumatici). La teoria dominante nella medicina antica si fondava sulla convinzione che - come la materia, formata da quattro elementi (terra, aria, fuoco, acqua) - così il corpo fosse costituito da quattro fluidi o umori cardinali - il sangue, la flemma, la bile gialla e la bile nera (o melancolia) - i quali, se sono armonicamente mescolati, avrebbero determinato uno stato di buona salute, mentre il loro squilibrio avrebbe prodotto la malattia: in questo scenario, il compito del medico era proprio quello ristabilire l’equilibrio compromesso.
Questa concezione scientifica della malattia iniziò a svilupparsi in concomitanza con una teoria clinica, la quale imponeva al medico l'obbligo di osservare i sintomi, individuare la malattia (diagnosi), formulare una previsione dei suoi sviluppi (prognosi) e infine prescrivere la terapia, basata generalmente su riposo e dieta, ma anche su cure fisiche.
LA MEDICINA ROMANA
Nonostante l’iniziale resistenza dei romani, la medicina greca iniziò a influenzare il popolo latino fin dalle prime conquiste dell'ormai ex-impero di Alessandro Magno. Al tempo della conquista della Grecia, a Roma la medicina era praticata solamente in ambito familiare, con il pater familias designato come medico di famiglia - cosa che di fatto gli conferiva il potere assoluto sulla famiglia - e nessuna vera e propria teoria scientifica di base.
I medici propriamente detti erano per lo più schiavi o liberti greci, e il fatto che pretendessero un pagamento per i loro servigi inizialmente destò non poco scandalo nella popolazione romana: proprio per questo, la stessa professione fu a lungo considerata disdicevole, dunque appannaggio solamente degli stranieri. Col passare del tempo, però, la pratica medica iniziò sempre più a consolidarsi, nonostante la figura del medico nell’antica Roma rimase a lungo associata a quella di un professionista “generico”, e dunque privo di una precisa specializzazione.